Il Patto del Giudice di Mimmo Gangemi (Garzanti 2013) è l’occasione per discutere del rapporto tra il Porto da un lato, e la borghesia e gli intellettuali della Piana e di Reggio dall’altro.
Il Patto suggerisce tante riflessioni.
La meschinità della ndrangheta: a fronte di strombazzata autorevolezza, la realtà fatta di tradimenti.
Il perseguimento dei fini fuori dalle regole: il giudice Lenzi per amor di giustizia scansa alcuni percorsi formali, Rota per interesse personale è capo delatore.
La rivolta di Rosarno: il rapporto duro e difficile tra calabresi, figli di emigrati, e migranti africani.
La distruzione dell’agricoltura calabrese: l’incapacità di coordinare le produzioni, di attualizzare i prodotti, di innovare i processi che impediscono il rilancio.
C’è un altro tema, che Gangemi pone oltre quelli prima richiamati. Il tema del Porto.
Anche qui le tracce evidenti nel libro riconducono alla cronaca: gli affari ndranghetisti e la droga. Ha colpito l’operazione –nella realtà- della guardia di finanza del 24 settembre 2014, 150 chili di cocaina in un container di legname, rispetto a quella dei carabinieri –nel libro- con 200 chili di cocaina in un container di legname. Gangemi anticipa la realtà e offre alla cultura nazionale una tranquilla conferma.
Il tema del Porto può essere letto in altro modo, rispetto alle tracce lasciate con sapienza. Una lettura soggettiva può rintracciare tra le righe il rapporto che hanno borghesia e intellettuali con il Porto.
Nelle 4 parti dedicate alle discussioni al circolo, si incontra un campione di 30 personaggi tra borghesi e intellettuali.
Un coro greco che rappresenta la collettività e che commenta le vicende.
Un coro greco che tutto sa. E in questa conoscenza collettiva nemmeno una parola sulle attività del Porto intercontinentale, che dovrebbero invece monopolizzare le discussioni, come a Genova e a Livorno.
Primo porto del Mediterraneo; gigantesche navi da 20000 TEU; gru di banchina alte più di 15 piani; container che dalle navi vanno sui treni con una velocità che nessun porto riesce ad avere; tecnici, marittimi e portuali che competono con porti di grande storia, o con porti dove il costo del lavoro è bassissimo, competizione che sino ad oggi Gioia ha, con loro, vinto.
Tutto questo diventa niente.
Un coro che non sa e non vuole sapere. È questa non conoscenza che impedisce di creare impresa? Di trasformare le disponibilità economiche e le conoscenze tecniche in competenze e quindi in crescita del territorio?
Non è il Patto che deve dare le risposte. Se del caso pone un altro tema: l’evidente separazione tra intellettuali tecnici e umanisti, utilizzando una vecchia ed obsoleta distinzione.
Poi tanto altro, in un giallo serrato, come la lingua utilizzata ed il rapporto con i moderni da Hammett a Montalban.
Ancora una volta bisogna richiamare lo scambio tra Sciascia e Renda, tra romanzo e saggio.
L’occasione per discuterne è data dal master in Ingegneria dei Trasporti, in cui uno dei temi portanti è stato il Porto, approfondito nelle sue componenti interne organizzative ed esterne di competitività nel mercato UE ed intercontinentale.
È necessario confrontarsi con un testo di narrativa per scoprire cosa può essere fornito di incremento alle conoscenze tecniche.
Insieme a Mimmo Gangemi ed ai docenti discutono con i partecipanti al master: Pietro Bellantoni giornalista conoscitore della Calabria mai fermo alla sola giudiziaria, e Aldo Varano storica firma del giornalismo italiano.
Curzio Maltese ha definito la Signora di Ellis Islands uno dei rari capolavori della letteratura italiana della nostra epoca, il Patto potrebbe essere utile per portare a Bruxelles la più grande realtà della Calabria.
L’incontro aperto a tutti è giovedì 9 aprile, alle 16.00 presso il Laboratorio di Analisi dei Sistemi di Trasporto, ad Ingegneria, Cittadella universitaria di Reggio Calabria.
Francesco Russo