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Prorogata la mostra "Modus vivendi" al Castello di Scilla

Prorogata fino al 15 settembre la mostra "Modus vivendi, microcosmo italiano" presso il Castello di Scilla. Orario di apertura: tutti i giorni dalle 9.00 alle 11.00 e dalle 17.00 alle 21.00 Modus vivendi. Microcosmo italiano. Per la prima volta le Società di Mutuo Soccorso, le antiche associazioni create dai lavoratori,sono raccontate attraverso l’obiettivo di un noto fotografo, che, nel suo “viaggio in Italia”ne ha colto gli aspetti più sottili, lo spirito profondo. Impressioni visive che non sono semplici immagini ma rappresentazioni cariche di significati,in cui il primo piano spetta ad una geografia umana dai connotati particolari. Una collettività variegata, dalla quotidianità densa di quei valori umani troppo spesso dati per scontati: un “microcosmo italiano” come lo ha definito nel suo volume il fotografo Mario Cresci. Organizzata dalla Fondazione Centro per lo studio e la documentazione delle Società di mutuo soccorso, organismo istituito dalla Regione Piemonte per la valorizzazione del patrimonio storico, sociale e culturale delle Società di Mutuo Soccorso, la mostra itinerante è stata realizzata con i contributi di Regione Piemonte e Fondazioni bancarie piemontesi, con la fattiva partecipazione della RAI. Le Società Operaie di Mutuo Soccorso si sono sviluppate nel nostro Paese nella seconda metà del 1800 per supplire alla carenza di ogni forma di stato sociale e aiutare i lavoratori che si trovassero nell'impossibilità economica di trasferire ad altri il rischio di eventuali eventi dannosi, secondo il principio della ripartizione del danno. Al momento della promulgazione della prima Legge che regolamentava il settore, la N° 3818 "Costituzione delle società di mutuo soccorso" del 1886, le SOMS censite ufficialmente erano 4.896. Tale numero si espanse, raggiungendo il suo massimo nei primi anni del 1900, nel 1907 avevano raggiunto il numero di circa 7.000, con più di un milione di aderenti. Con l'avvento del fascismo le SOMS vennero sciolte, perché considerate sovversive e quindi si dovette attendere gli anni 50-60 per vedere una nuova espansione di questa forma di mutualità. Nel frattempo era cambiata radicalmente la società, l'economia, si stava passando da una società agricola ed operaia, ad una società dei servizi. Anche il welfare stava cambiando, i lavoratori subordinati avevano ottenuto maggiori tutele, lo Stato garantiva più protezione nella sanità, aveva introdotto le pensioni di anzianità. Nuove figure professionali, come professionisti e lavoratori autonomi si trovavano invece con minori forme di copertura se non addirittura privi. Ecco quindi che in questo periodo numerose mutue sorsero a tutela di queste nuove professioni. Il Consorzio Cerere, già partner della Regione Piemonte per importanti progetti europei, ospita la mostra nelle proprie sale del Castello dei Ruffo a Scilla, consentendo di fare tappa anche in Calabria come in altre regioni d’Italia, per invitare il pubblico a soffermarsi sul significato del mutualismo e dei suoi valori. La Mostra è suddivisa in cinque aree tematiche che ripropongono le varie espressioni del mutualismo per assicurare ai soci e alle loro famiglie una vita migliore sia dal punto di vista materiale che da quello intellettuale e morale, spaziando tra luoghi geografici diversi:dal Piemonte alla Sicilia, dalla Puglia alla Campania e Calabria. Proprio nella nostra regione le Società sono state presenti ed hanno operato tra l’altro a Vibo e Cittanova, Filadelfia e Catanzaro e sono ancora attive in tante realtà locali anche se ormai con compiti legati al tempo libero e all’associazionismo solidale. Forse una ricerca approfondita potrebbe mettere in luce e valorizzare un aspetto importante della società calabrese tra Ottocento e Novecento, utile a ricomporre una storia sociale non ancora del tutto nota. La Legge regionale della Regione Calabria del 7 agosto 1999 n. 22 ha istituito l'Albo Regionale delle Società di Mutuo Soccorso, al fine di promuovere e sostenere una più operante e diffusa coscienza sociale, specie in relazione ai cittadini della terza età, riconosce e promuove i valori storici, sociali e culturali delle Società di Mutuo Soccorso che da almeno dieci anni abbiano esercitato attività secondo la legge istitutiva n. 3818 del 1886. È pertanto istituita, presso l'Assessorato ai Servizi Sociali, la Consulta per la Mutualità con il compito della tenuta e dell'aggiornamento dell'Albo Regionale delle SOMS. La Regione, per le finalità sopraelencate, concede contributi in conto capitale per: a) La ristrutturazione e la manutenzione straordinaria degli immobili di proprietà in cui le Società hanno sede e svolgono attività sociale b) Il rinnovo degli arredi e attrezzature connesse ad attività sociali Cenni storici Le Società di mutuo soccorso sono nate, alla fine del 1700, come associazioni volontarie con lo scopo di migliorare le condizioni materiali e morali dei ceti lavoratori. Tali società si fondavano sulla mutualità, sulla solidarietà ed erano strettamente legate al territorio in cui nascevano. La spinta alla loro nascita venne da una progressiva presa di coscienza da parte delle masse lavoratrici della propria condizione di sfruttamento e della ricerca in se stesse, prima ancora che nelle istituzioni politiche, della forza e degli strumenti necessari per fare fronte al loro precario stato. La Società di Mutuo Soccorso si fonda sull'unione delle forze per raggiungere obiettivi di promozione economica e sociale, sulla responsabilità di gruppo nei confronti del comune destino di lavoro, sul senso della dignità e del protagonismo civile. Le prime forme assistenziali trovarono largo spazio nell'ambiente caritativo ecclesiastico. Nel 1844 in Piemonte scomparirono le corporazioni a causa dei vincoli che esse ponevano ad ogni ipotesi di libero commercio (incompatibilità con ideologia liberista) e nel 1848 sull'onda delle libertà concesse dallo Statuto albertino, delle trasformazioni economiche e dei nuovi sviluppi industriali, che misero in difficoltà i mestieri e le lavorazioni tradizionali,e per fare fronte all'assenza di una legislazione sociale e all'indebolimento del tradizionale potere ecclesiastico, in seguito alle leggi Siccardi del 1850, i lavoratori urbani si riunirono nel ricordo passato delle cooperazioni d'arte e di mestiere, dando il via ad un fiorire di decine di società operaie di mutuo soccorso. A metà del 1800 nacque a Torino la Pia Unione dei lavoratori cappellai, la Società tra cocchieri e palafrenieri, la Mutua Società di parrucchieri, l'Unione dei tessitori di seta, oro, argento alle quali seguirono altre ancora. I punti su cui si fondavano le SOMS erano la mutualità, la solidarietà fra i lavoratori, l'autogestione dei fondi sociali e , infine, la questione della moralità. Era infatti frequente trovare negli Statuti norme che vietavano l'elargizione di sussidi nell'ipotesi in cui le malattie erano causate dall'abuso di vini e liquori, o che vietano ai soci di praticare taluni giochi come il lotto o il gioco d'azzardo. Agli affiliati era chiesto il regolare versamento di una quota del salario in rapporto alla prestazione garantita. L'obbligo di un contributo fisso era una condizione non semplice da rispettare, data l'esiguità dei salari, ma che educava alla parsimonia. Nelle corporazioni la tutela degli interessi di lavoro giungeva a coprire taluni interessi "familiari", in esse non c'era né l'obbligo contributivo fisso, in rapporto a prestazioni obbligatorie, né un diritto autonomo al soccorso. Nelle corporazioni le somme erano distribuite sulla base della capacità del fondo e di valutazioni discrezionali; mancava una riserva finanziaria e le somme raccolte annualmente venivano spese e distribuite ai soci. Lo schema mutualistico prevedeva, invece, un fondo autonomo costituito da contributi obbligatori ed aveva un suo schema: "ripartizione per malattie, capitalizzazione per sussidi di invalidità e di vecchiaia". Nelle società di mutuo soccorso della metà del 1800 si tendeva ad "escludere sempre la carità e fin dove possibile l'elargizione filantropica". Gli statuti delle Società di mutuo soccorso si proposero così anche altri scopi accanto a quelli tradizionali: il sostegno creditizio agli associati, la fornitura di materie prime, la vendita ai soci di prodotti di prima necessità al prezzo di costo, la costituzione di magazzini sociali. In questi obiettivi, che spesso erano legati alla difesa di interessi di categoria, era possibile individuare l'embrione della cooperazione. Nel 1854 si costituiva a Torino, per iniziativa dell'Associazione Generale degli Operai (società di mutuo soccorso), la prima cooperativa di consumo, sotto forma di un comitato di previdenza. Due anni dopo, nel 1856, a Savona si ripeteva la medesima esperienza e nasceva la prima cooperativa di produzione tra i lavoratori locali dell'arte vetraria; cooperativa che dette vita, in un momento successivo, ad una società di mutuo soccorso tra i lavoratori vetrai. Sul piano del credito, ad un Congresso fra le società di mutuo soccorso liguri, a Novi Ligure, si discusse sul tema della valutazione del lavoro come proprietà e sulla possibilità di costituire casse di risparmio per concedere denaro a basso costo e per costituire rendite per la vecchiaia. Queste nuove forme di associazionismo nascevano spesso collegate alle società di mutuo soccorso. Uno dei padri del movimento solidaristico - mutualistico del nostro paese può essere considerato Giuseppe Mazzini. Le idee mazziniane rappresentarono un veicolo di grande importanza nella diffusione in Italia dei valori e degli ideali cooperativi e influenzarono moltissimo la nascita di alcune società di mutuo soccorso. Mazzini incitava ad unirsi "fra gente di uno stesso mestiere per dare vita a coraggiose cooperative", raccomandava di associarsi e "tassarsi anche di una modesta quota per creare casse di previdenza e di assistenza". Le SOMS non hanno avuto solo una matrice laica. Nel luglio 1854 nasce a Genova la prima Società operaia cattolica italiana, la Compagnia di San Giovanni Battista. Il mondo clericale più aperto e illuminato si era convinto della necessità di mettersi al passo con i tempi, riunendo i lavoratori cattolici in proprie Società di mutuo soccorso Il ruolo di ponte che le SOMS svolsero, fra beneficenza mutualismo volontario e stato sociale, andò sempre più accorciandosi con l'avvento del nuovo secolo. Le SOMS lasciarono ai Sindacati, alle Camere del Lavoro e ai Partiti politici, di cui erano state matrici, la continuazione della loro opera di promozione, mentre lo Stato iniziò ad assumere precise attribuzioni di tutela sociale, anche nei confronti dei lavoratori. Il ruolo delle SOMS, tuttavia, non cessò e rimase un vasto ambito di attività, dalle associazioni volontarie, alle funzioni amicali, al potenziamento delle iniziative di cooperazione, da cui ebbero origine realtà autonome, estremamente rilevanti per l'economia e la società italiana. Alla fine del secolo le SOMS si erano così sviluppate da raggiungere quasi le 7000 unità Il fascismo, nonostante si trovi di fronte ad una tenace resistenza, riesce a far chiudere o trasformare in "Case del Fascio" quasi tutte le sedi dell´associazionismo. Il colpo decisivo viene portato nel 1926 con le Leggi Speciali e la costituzione dell´Opera Nazionale Dopolavoro, organo che assorbiva nella struttura fascista tutte le forme di associazionismo. Dopo la guerra, nel 1950, la Federazione Italiana della Mutualità, quale continuazione della soppressa Federazione Italiana delle Società di Mutuo Soccorso, si alleò con la Confederazione Generale del Lavoro, per rafforzare la tutela dei lavoratori. Si costituì un'organizzazione di credito popolare a bassissimo tasso d' interesse che favorì lo sviluppo di piccole aziende cooperative e garantì l'assistenza sanitaria ed il sostegno economico alle categorie più deboli, ai disoccupati, agli orfani e alle vedove. Le Società di mutuo soccorso, dopo la guerra non ripresero più lo slancio di inizio secolo, molte di esse non ripresero più l'attività. Nei tempi recenti le SOMS hanno perso la loro funzione originaria assimilandosi alla associazioni ricreative-culturali che organizzano il tempo libero dei soci, occupandosi in prevalenza della gestione dei beni sociali. Marisa Cagliostro

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