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“Óida” di Vania D’Angelo: i Bronzi di Riace testimoni impossibili di un omicidio al Museo

Let yourself be your art: che il tuo self sia la tua arte. Vania D’Angelo(*) impreziosisce con queste parole di Gianni Versace lo spazio vuoto che precede l’incipit di “Óida”, opera narrativa ambientata a Reggio Calabria in corso di pubblicazione. Pur essendo ascrivibile al genere giallo il libro è periplo intorno a quell’isola misteriosa che è il segno linguistico da cui l’atto narrativo come campata di ponte aggancia la terraferma dell’essenza umana. “In principio era il Verbo”. La parola e il potere demiurgico dello scrittore. La parola che è responsabilità, gioco, intelletto, esercizio cerebrale, filosofia, artifizio, alchimia, pur sempre grammatica e geometria dell’esistenza e dell’Universo. Sofia Miceli, discendente da una famiglia di immigrati che da Mosorrofa si erano avventurati alla volta di New York, viene a Reggio Calabria per riscoprire le sue radici. Dopo aver studiato italiano all’Università per gli Stranieri trova lavoro come guida al Museo Nazionale della Magna Grecia, la reggia dei Bronzi, e lì viene uccisa. La scrittura diventa essa stessa percorso di indagine e specchio postmodernista di atteggiamenti, fobie e manie contemporanei. La sorpresa finale che la D’Angelo riserva al lettore è epentesi di speranza nelle proteiformi possibilità dell’intelligenza. Óida in greco antico significa “so perchè ho visto”. E’ dunque un perfetto logico che ricorda l’elementare e affascinante microingegneria linguistica del present perfect inglese avendola anticipata nella notte dei tempi della civiltà. Il romanzo è edito da “Giuseppe Pontari Editore”. Una parte del ricavato sarà devoluta a favore della sezione AIL "A. Neri" di Reggio Calabria in aiuto ad un bambino bisognoso. Info e-mail autrice: vania.dangelo@libero.it (*)Vania D'Angelo è responsabile del Centro Linguistico di Ateneo

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